mercoledì 6 agosto 2008

24 dicembre 1982, ore 23:00 circa.

Tutto è cominciato quel giorno. Natale 1982. O meglio, tutto è cominciato qualche mese prima, quando sono andato con mio padre a comprare un videoregistratore SABA ed ho visto (e sentito!) per la prima volta, sul televisore a fianco, NASL Soccer.

Avevo 11 anni, frequentavo la prima media. Già da qualche mese, come molti coetanei, lasciavo scie di bava sugli scaffali dei negozi di elettrodomestici (non esistevano ancora i reparti dedicati ai videogames, perciò le prime sparute consoles venivano offerte assieme a televisori monumentali e videoregistratori monolitici) guardando correre degli omini su e giù per un campo di calcio "virtuale". Omini, non barre verticali monocromatiche unidirezionali.
Certo, dopo Pong qualche progresso tecnico c'era stato, ma Atari - con la console VCS 2600, già oggetto di culto per noi ragazzini dai tempi in cui "si poteva giocare a Space Invaders nel salotto di casa" - non andava oltre qualche forma antropomorfa abbozzata. E comunque molto aiutata dalla fantasia del videogiocatore.
Ecco invece quella meraviglia. Uomini riconoscibili e fluidi, in policromia!
E "palloni da calcio rotondi, non quei quadrettoni che si vedono in giro" - come disse Corrado, commesso del negozio di casalinghi dove mi recavo in pellegrinaggio prefestivo con i miei genitori: sì, ma 329milalire, che a me bambino non dicevano nulla di fronte a cotanta meraviglia, ponevano un ostacolo apparentemente insormontabile fra me e i sogni tecnologici e variopinti. Ma si avvicinava il Natale, un Natale che sarebbe divenuto uno dei più memorabili della mia infanzia.

Oggi i ragazzini sorridono. C'é chi è passato dall'esordio della Playstation, in quel caldo 1995. Chi si è emozionato con il Nintendo64, macchina delle meraviglie. Chi si è vantato di possedere la PS2 e chi si trastullava in metrò con la PSP. C'é chi si è chiesto quali limiti avesse la potenza di calcolo all'esordio di Xbox 360 e dove potessimo arrivare con la PS3. O chi ha assaporato la qualità e il coinvolgimento del "gioco totale" con il touch-screen del Nintendo DS o con l'interattività del Wii.
Ma c'è una generazione di trenta-quarantenni, gli stessi ragazzini protagonisti dei tanto vituperati anni Ottanta, che era capace realmente di sognare ad occhi aperti per 8 colori e un suono abbozzato e di scatenare battaglie talebane fra opposte fazioni (Atari/Intellivision, Sinclair ZX Spectrum/Commodore 64) che infiammavano le lunghe giornate scolastiche e quasi rompevano amicizie, da far impallidire i contemporanei fanboys Nintendo/Sony/Microsoft più accaniti.

E' possibile trascorrere i mesi estivi (leggasi tutte le vacanze scolastiche, almeno 5 ore al giorno) di fronte ad un arciere immerso in nebbiosi tunnel - Advanced Dungeons & Dragons - seduti a terra di fronte al televisore e dovendo spesso risintonizzare il canale 36? E' possibile rovinarsi le falangi dei pollici nel premere per settimane di seguito i tasti direzionali di pseudo-frisbees - Tron Deadly Discs - perdendo completamente il senso del tempo e non valutando un titolo per la sua "longevità", dal momento che un gioco veniva giocato comunque sino allo sfinimento del proprietario o della cartuccia (diverse volte ho dovuto resettare la console nel mezzo di una partita a causa del surriscaldamento)? E' possibile giocare per tanto tempo ad un titolo frenetico e ipnotico - Astrosmash - sino ad avere le allucinazioni e sentir rimbombare il ritmo sincopato della colonna sonora anche nel silenzio della notte? Io, undicenne, avrei risposto fieramente "sì".

Oggi si discute di quanto siano realistici i titoli di Microsoft e/o di Sony, di fotorealismo, di fluidità e di alta definizione. C'è stato un tempo in cui l'unico indizio, l'unico riferimento a cosa si riferissero quelle forme elettroniche abbozzate e visualizzate malamente sul nostro televisore (spesso in bianco e nero) era il disegno - generoso e ottimista - posto sul fronte della confezione. La console mostrava un ottagono giallo, con due macchie nere al centro: noi vedevamo un mostro interstellare, un centravanti brasiliano, una batteria antiaerea, un aggressore degli abissi... a seconda del titolo, della nostra ispirazione o di cosa volessero suggerirci quei primi, geniali programmatori che con poche righe di codice, alcuni kilobites e molta fantasia, hanno reso la nostra adolescenza così... "unica".

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